Come si svolgono le lezioni di arti marziali? Ognuna di esse inizia con il tradizionale saluto, seguito da alcuni minuti di riscaldamento. Successivamente si passa alla lezione vera e propria che, a seconda del giorno, può includere una o più differenti attività come lo studio delle tecniche dei programmi, la pratica di sequenze codificate come i kata e gli enbu, l’insegnamento di tecniche di autodifesa, il combattimento sportivo o la lotta a terra, concludendosi poi col saluto finale.
Tra le attività che pratichiamo abitualmente si ricordano anche i kata (形,forme), ovvero sequenze ben codificate di difese e attacchi che si eseguono contro un avversario immaginario, e gli enbu (演武, dimostrazioni di combattimento), analoghi ai precedenti ma eseguiti in coppia.
Si tratta di uno sport di combattimento che deriva dall’incontro delle tecniche del jujitsu tradizionale (leve e proiezioni) con quelle di stampo più moderno della kickboxing (calci e pugni). I due contendenti iniziano affrontandosi in un combattimento in piedi, finalizzato all’atterramento e alla sottomissione dell’avversario: la vittoria nelle gare di kick jitsu viene assegnata a chi riesce a immobilizzare a terra l’avversario per dieci secondi o quando un atleta viene bloccato e costretto alla resa da una leva articolare, un bloccaggio o uno strangolamento.
Consiste in una dimostrazione coreografica di tecniche del jujitsu da parte di squadre composte da un massimo di quattro atleti, che simulano un combattimento e danno prova della loro abilità, coordinazione e precisione dei movimenti. Queste esibizioni, altamente spettacolari, vengono valutate da una giuria di arbitri che assegna la vittoria in base alla precisione, alla difficoltà e alla sequenzialità delle tecniche, ma anche alla qualità coreografica dell’esibizione nel suo complesso e alle capacità atletiche dei partecipanti.
Questa disciplina consiste in un combattimento che si svolge interamente al suolo e non prevede né calci né pugni; i due atleti si afferrano e si controllano a vicenda, mettendo in atto tecniche finalizzate al bloccaggio dell’avversario per 10 secondi o al costringerlo alla resa per mezzo di strangolamenti o leve articolari.
Col termine kobudo, che significa “l’antica via della guerra”, ci si riferisce allo studio di alcune delle armi tradizionali giapponesi e di Okinawa. Molte di queste armi sono semplici e di origine contadina, ma vengono sfruttate efficacemente come strumento di combattimento: fra di esse citiamo, ad esempio, il bō (un bastone di legno lungo circa 180 centimetri), i nunchaku (due corti bastoni uniti da un breve tratto di corda o catena), i sai (armi simili a pugnali con tre punte) e i tonfa (bastoni dotati di un’impugnatura perpendicolare).